Terapia con metformina della sindrome dell’ovaio policistico

Alla nota relazione tra sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) e resistenza all’insulina contribuiscono molti fattori tra cui sovrappeso, iperandrogenismo e difetti nella trasmissione del segnale cellulare dell’insulina. L’iperinsulinemia in risposta all’insulino-resistenza esacerba ulteriormente le disfunzioni ormonali e ovulatorie associate alla PCOS. La metformina, insulino-sensibilizzante, è stata valutata come opzione terapeutica per ridurre l’insulino-resistenza nelle donne con PCOS. Studi non controllati dimostrano come la metformina abbia effetti benefici su iperinsulinemia, iperandrogenismo, steroidogenesi ovarica, regolarità dei cicli mestruali e tassi di gravidanza. Più recentemente, diversi studi randomizzati prospettici e una meta-analisi hanno confermato gli effetti positivi della metformina sui disordini metabolici, iperinsulinemia, iperandrogenemia, pressione arteriosa e tassi di gravidanza clinica. Per quanto riguarda gli effetti della metformina sul ripristino della normale ciclicità mestruale, i dati di studi non controllati sono promettenti, ma i benefici non sono stati riprodotti in modo coerente in studi controllati. In modo particolare, gli effetti a lungo termine della metformina nelle donne con PCOS sono stati finora studiati in modo inadeguato.

Questo studio prospettico di coorte ha lo scopo di valutare gli effetti della metformina su donne con PCOS per un periodo di 24 mesi in riferimento al ciclo mestruale e ai profili ormonali e metabolici. 119 donne con PCOS, diagnosticate in base ai criteri di Rotterdam ricevevano somministrazione giornaliera di metformina per 24 mesi. L’outcome primario era rappresentato dalla proporzione di pazienti con regolare ciclo mestruale durante il trattamento. Sono stati anche valutati i cambiamenti nei parametri antropometrici, ormonali e metabolici.

Sia le donne in sovrappeso che quelle con peso normale affette da PCOS hanno fatto registrare un aumento della frequenza mestruale e una diminuzione dell’indice di massa corporea (BMI), della testosteronemia e dei livelli dell’ormone luteinizzante nei primi 6 mesi. Un’ulteriore stratificazione ha mostrato come le donne di peso normale che presentavano un elevato livello di testosterone al basale avessero il più elevato grado di miglioramento a 6 mesi (OR: 7,21, IC 95%: 2,35-22,17), mentre le pazienti sovrappeso con normale testosteronemia avevano più probabilità di ottenere normali mestruazioni a 12 mesi (OR: 0,63, IC 95%: 0,47-0,77).

La somministrazione di metformina è quindi risultata associata a miglioramenti del ciclo mestruale e della maggior parte dei profili ormonali nelle donne sovrappeso e normopeso con PCOS in 24 mesi di trattamento. La maggior parte dei parametri ha raggiunto la massima risposta e lo stato stazionario dopo 6 mesi. Differenze fenotipiche nell’indice di massa corporea di base e nei livelli di testosterone possono essere utilizzate come criteri di selezione della paziente o quale indice prognostico del trattamento.

Bibliografia:

Yang PK, Hsu CY, Chen MJ, et al. The Efficacy of 24-Month Metformin for Improving Menses, Hormones, and Metabolic Profiles in Polycystic Ovary Syndrome. J Clin Endocrinol Metab. 2018;103(3):890-899.

L’Obesità “Metabolicamente Sana” non esiste

L’obesità “metabolicamente sana” che, pur non avendo mai ricevuto una definizione standard, corrisponderebbe allo stato di soggetti con BMI elevato che non presentano dislipidemia, insulino-resistenza, sindrome metabolica. Non c’è mai stato un effettivo consenso sul fatto che questi soggetti si potessero considerare scevri da rischio cardiovascolare.

Dai dati dello European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition study (EPIC-CVD), è stato condotto uno studio caso-coorte che ha coinvolto oltre mezzo milione di cittadini europei per un follow-up medio di oltre 12 anni, riportando 7600 eventi cardio-vascolari.

Dividendo la popolazione in base alle soglie di BMI e ai determinanti fisici e biochimici di disfunzione metabolica, sono stati calcolati i rischi di sviluppare problematiche cardiovascolari.

Anche in assenza di alterazione degli indici metabolici, il rischio è aumentato nei soggetti sovrappeso o obesi.

Quindi anche se le alterazioni metaboliche sono certamente le principali imputate per le problematiche cardio-vascolari dei pazienti, in modo indipendente dalla massa corporea, la loro assenza non garantisce al paziente sovrappeso o obeso un futuro libero da malattie cardio-vascolari.  E’ solo questione di tempo.

Pertanto, se da una parte si smantella l’etichetta di “obeso sano”, si rafforza la visione dell’obesità come malattia. Questa impostazione, suffragata da evidenze oggi difficilmente contestabili dovrebbe improntare l’approccio assistenziale al singolo paziente e le scelte di politica sanitaria, a partire da oggi e per il prevedibile futuro.

 

Bibliografia:
Lassale C, Tzoulaki I, Moons KGM et al.  Separate and combined associations of obesity and metabolic health with coronary heart disease: a pan-European case-cohort analysis. Eur Heart J. 2018 Feb 1;39(5):397-406.